L’ospedale nella roccia – Budapest
L’ospedale nella roccia di Budapest è un ospedale cittadino realizzato utilizzando un sistema di caverne già esistenti, scavate dalle acque termali. Il complesso, situato sotto il castello di Buda, è enorme. L’ingresso modesto non rende assolutamente l’idea delle dimensioni dell’area utilizzata.
Questo ospedale nasce come rifugio antiaereo e come centro di primo soccorso nella seconda guerra mondiale. Nella visita si possono vedere le stanze e le attrezzature originali, e le statue di cera che servono a “drammatizzare” le varie scene.
La visita inizia con un filmato in cui viene raccontata la storia dell’ospedale, anche attraverso foto e spezzoni cinematografici dell’epoca. Prima di entrare è possibile prendere un cappotto dagli attaccapanni nell’atrio: siamo sotto terra, fa freddo.
Nella prima parte della visita la nostra guida ci spiega l’organizzazione dell’ospedale ed il suo funzionamento, poi inizia a parlare della guerra, e della parte avuta da questo ospedale nei mesi dell’assedio di Budapest da parte dell’Armata rossa. Semplici grafici ci mostrano l’avanzata dell’esercito russo, e la guida ci racconta le atrocità di un ospedale sempre più tagliato fuori dai rifornimenti, senza acqua, senza medicinali.
Le foto attaccate alle pareti mostrano una Budapest rasa al suolo, i pochi punti di riferimento sono quasi irriconoscibili. Il ponte delle catene è crollato a causa dei continui bombardamenti. L’assedio terminò solo nel febbraio del 1945 con la resa dei tedeschi e degli ungheresi.
Nella parte successiva del percorso l’atmosfera cambia. Dopo la seconda guerra mondiale queste stanze sotterranee sono state riutilizzate come ospedale soltanto nel 1956, durante la breve rivoluzione ungherese, soffocata nel sangue.
Siamo negli anni del dominio sovietico, il mondo sembra perennemente sull’orlo di un conflitto nucleare. L’ospedale cambia, e diventa un bunker antiatomico, completato in occasione della crisi dei missili a Cuba, nel 1962.
Attraversiamo stanze attrezzate con ogni genere di macchinario per resistere ad un attacco nucleare, dispense, servizi di vario genere. E’ la prima volta che mi trovo a visitare un bunker antiatomico, mi viene da ripensare al film The day after, un film del 1983 che ha turbato la mia infanzia.
La mostra temporanea sulle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki mi dà il colpo di grazia.
E’ una mostra piccola, semplice. Cruda.
In una delle piccole stanze vediamo solo ombre alle pareti, la guida spiega che in occasione dell’esplosione della prima bomba nucleare sulla città di Hiroshima di alcune persone sono rimaste solo le ombre. In un altra stanza ci sono in esposizione dei materiali da costruzione. La guida ci invita ad esaminarli e mi ritrovo a guardare la tegola di un tetto. Una parte è normale, l’altra è come se si fosse sciolta e poi seccata di nuovo in una forma diversa.
Il calore dell’esplosione è stato così forte da far bollire le tegole sui tetti.
Se ha fatto questo ad un materiale inerte cosa può aver fatto alle persone?
La risposta è nella stanza successiva, in una serie di foto nascoste agli sguardi dei più piccoli.
Guardo attraverso lo schermo e devo distogliere lo sguardo, è troppo.
Una galleria di disegni di bambini realizzati all’epoca ci accompagna fuori: il fuoco, la pioggia nera. I morti. Tutto disegnato nei tratti incerti di bambini piccoli, una realtà atroce e senza filtro.
Dal soffitto pendono centinaia di piccole gru di carta, in ricordo di Sadako Sasaki, che è un po’ il simbolo di questa strage senza senso.
Questa visita mi ha colpito davvero molto, è stata un’esperienza forte per me.
Uscire da lì e tornare al sole è stata una benedizione.
Nonostante l’esperienza forte – anzi proprio per quella – questo consiglio vivamente questa visita agli appassionati di storia recente. La guida parla solo in inglese (E in ungherese, naturalmente) , ma si riesce a seguire abbastanza bene.
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